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IL PROBLEMA DELLE MICROPALSTICHE NELLE ACQUE

La presenza di microplastiche sulle spiagge è stata osservata per la prima volta in Nuova Zelanda, Canada, Bermuda e Libano. In Nuova Zelanda, il pellet era traslucido e probabilmente derivante da perdite accidentali dai porti adiacenti. Le stesse caratteristiche sono state osservate in Canada, Bermuda and Libano. Inoltre il pellet e la plastica sono stati  individuati in altre aree, sulle spiagge del Golfo dell’Oman, il Golfo Arabico e la costa Maltese del Mediterraneo centrale.

Le microplastiche sono state osservate sulla superficie acquatica in tutto il mondo a partire dagli anni ‘70, in particolare nelle zone subtropicali e hanno individuato regioni con abbondanza di microplastiche pari a 43.000 particelle/Km3, mentre in un’area particolarmente contaminata l’abbondanza raggiungeva 466.000 particelle/Km3. Una simile analisi è stata fatta nel Mar Mediterraneo, precisamente nella zona nord-ovest In questo studio è stato osservato che il 90% delle stazioni di campionamento presentava microplastiche e le abbondanze erano dello stesso ordine di grandezza di quelle riscontrate nel North Pacific Gyre.

A causa delle piccole dimensioni, le microplastiche sono facilmente ingeribili da parte degli organismi marini che normalmente non vengono influenzati dalle macroplastiche. gli invertebrati marini, che rappresentano diverse strategie di alimentazione, possono ingerire le microplastiche. Esempi di questi organismi sono i policheti, bivalvi, echinodermi e copoepodi, i quali assumono detriti di plastica dall’ambiente. Una volta ingerite, le microplastiche possono essere eliminate tramite le feci oppure possono essere accumulate all’interno dei tessuti dell’organismo. Sono però molto limitati i dati sull’esposizione cronica alle microplastiche.

SALVA IL MARE DALLA PLASTICA!

Il mare sta soffocando: in media 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei mari di tutto il mondo.

Questo disastro può essere fermato. L'UE sta rivedendo le Direttive sui rifiuti: è una occasione da non perdere! Le tartarughe, le balene, i pesci, gli uccelli marini…ti ringrazieranno! Produciamo sempre più plastica usa e getta, molta più del necessario e riciclarla non basta. L'80% dell'inquinamento marino è fatto di plastica. Quest'invasione sta rapidamente trasformando i nostri mari nella più grande discarica del mondo. Non lasciare che tutta questa plastica soffochi i nostri mari: uccide la fauna marina, contamina la catena alimentare e persiste nell'ambiente per centinaia di anni. 
Nel Mediterraneo, residui di plastica sono stati trovati nello stomaco di pesci, uccelli marini, tartarughe e cetacei. Bisogna cambiare rotta e il momento per farlo è adesso. Non abbiamo molto tempo: il momento di cambiare è ora! Quasi un terzo degli oggetti di plastica prodotti a livello globale, in pratica, viene abbandonato nell’ambiente.

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Qual è la situazione nel Mediterraneo?

Il Mediterraneo è, letteralmente, un mare di plastica. Secondo un rapporto dell’Unep (Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), ogni giorno finiscono nelle sue acque 731 tonnellate di rifiuti in plastica. Il Paese che ne disperde di più nel Mare Nostrum è la Turchia (144 tonnellate al giorno), seguita da Spagna (125) e Italia (89,7). Il problema più grosso nel Mediterraneo sono le microplastiche: il 92 per cento della plastica presente è più piccola di 5 millimetri. In alcuni punti del mare, la concentrazione di particelle rilevata è la più alta del mondo: “. La distribuzione delle microplastiche non è omogenea. Il punto peggiore, secondo lo studio che ha raccolto dati per tre anni, è nel tratto compreso tra la Corsica e la Toscana (10 chili di microplastiche per ogni chilometro quadrato). A peggiorare la situazione c’è il fatto che il Mediterraneo è un mare chiuso: una particella potrebbe avere un tempo di permanenza pari a mille anni. In teoria, cioè, partendo dall’Adriatico potrebbe impiegare un millennio per attraversare lo stretto di Gibilterra e finire nell’oceano. Nelle acque del Mare Nostrum, poi, sboccano fiumi inquinati come il Danubio e il Po.

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Ci sono rischi anche per l’uomo?

L’ingestione della plastica riguarda anche gli altri animali che si nutrono di pesci. Come gli uccelli. E, ovviamente, gli uomini. Siamo a rischio ogni volta che mettiamo nel piatto tonno, pesce spada, sgombro, spigola, granchi, cozze. La nostra zuppa, avvertono alcuni studiosi, è sempre più una zuppa di plastica. I microframmenti, infatti, arrivano agli esseri umani risalendo la catena alimentare. Non si sa ancora con certezza quali siano i rischi per la nostra salute, ma probabilmente le sostanze chimiche presenti nelle diverse materie plastiche sono dannose per il nostro organismo.

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Cosa possiamo fare?

Per cercare di arginare un problema già grave bisogna agire subito. Le strade sono due: da una parte bisognerebbe diminuire il consumo (e quindi la produzione) di plastica, dall’altra c’è la necessità di smaltirla nel modo corretto. In entrambe le direzioni sono già state fatte delle mosse. Alcune città, come San Francisco, Amburgo e Montreal, hanno messo al bando le bottiglie di plastica. Altre hanno avviato campagne per sensibilizzare (ed educare) più gente possibile su come differenziare. Ma per raggiungere risultati concreti c’è bisogno non di azioni isolate, ma della collaborazione di istituzioni, cittadini e aziende. La plastica, ad esempio, non dovrebbe finire nelle discariche: una parte dovrebbe essere riciclata e un’altra usata per ricavare energia. Alcuni Paesi sono sulla strada giusta. L’Italia può migliorare. Legambiente e altre associazioni hanno lanciato la proposta di arrivare a zero plastica in discarica entro il 2020. La cosa più importante, intanto, è che la plastica non venga mai abbandonata per strada o nei corsi d’acqua. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a buttarla nei cassonetti giusti. Una goccia di civiltà in un oceano di spazzatura.

CHE COSA SI INTENDE PER INQUINAMENTO MARINO?

L’inquinamento del mare rappresenta un problema molto grave in tutto il mondo. Spesso l’inquinamento marino è dovuto al petrolio che viene riversato nel mare, ma a volte siamo noi stessi che mettiamo in pericolo l’intero ecosistema, trasgredendo le buone pratiche per il rispetto dell’ambiente.

PLANCTON DI PLASTICA?

Un documentario mostra, con un livello di dettaglio straordinario, un piccolissimo organismo planctonico mentre ingerisce una microfibra di plastica. Il protagonista del filmato è un chetognato (Chetognatha), un animaletto trasparente a forma di freccia che, con le sue circa 120 specie note, costituisce un'importante componente del plancton. Molti pensano che il problema sia esclusivamente quello dei sacchetti o di altri piccoli oggetti d'uso comune, casualmente "mangiati" da balene, foche, uccelli o altri animali, ma non è così: quello che mostra il filmato è ancora più grave ed è per lo più finora sfuggito e alle nostre valutazioni. Piccolissime fibre che finiscono all'interno di un altrettanto piccolo organismo alla base della catena alimentare che parte dal mare.

Quello della plastica è un problema molto serio. Si stima che ogni anno milioni di tonnellate di plastica “scompaiano” dal pianeta perché ingeriti da organismi viventi, casualmente, indirettamente o perché scambiata per cibo. Per le Nazioni Unite questo è uno dei più gravi problemi di inquinamento del pianeta: una recente ricerca ha rilevato una media di circa 46.000 frammenti di plastica in mare ogni due chilometri e mezzo di superficie.

 

MICROFIBRA ALL'INTERNO DEL PLANCTON

A ciò si aggiunge il problema delle microparticelle e delle microfibre, meno noto e meno documentato per via delle dimensioni minime del materiale in questione. Le microfibre, dello spessore di un capello e di lunghezza inferiore ai 5 millimetri, vengono, probabilmente, per lo più dal lavaggio di vestiti e biancheria: non vengono intercettate né dai filtri delle lavatrici né dagli impianti di depurazione. Perciò prima o poi finiscono, inevitabilmente, in mare. È un problema molto complesso; servirebbe una nuova generazione di filtri e di impianti di depurazione, e anche nuove soluzioni tecnologiche da adottare a monte, nella produzione di abbigliamento capace di disperdere meno o per nulla.

ISOLE DI PLASTICA: UNA NUOVA TERRA

Si tratta di un’immensa massa di spazzatura che vaga nei vari oceani e mari che costituiscono circa il 90% del nostro pianeta. Questa concentrazione dipende dall’effetto delle correnti marine e dalla non biodegradazione della plastica stessa, che permane per lunghi periodi nell’ambiente; questo avviene principalmente per effetto della luce del Sole, che scompone i frammenti plastici in sottili filamenti.

ESTINZIONE SPECIE MARINE

Il riscaldamento degli oceani, l’acidificazione, l’inquinamento, la pesca eccessiva mettono a rischio le specie marine. Un recente report , pubblicato sulla rivista Science, chiarisce che, nell’ambiente marino, il rischio di estinzione è più elevato per gli animali più grandi. Sono stati messi a confronto vertebrati e molluschi su una serie di caratteristiche chiave, prima fra tutte le dimensioni dell’animale. Quello che sta succedendo al momento negli oceani è diverso da qualsiasi cosa accaduta in precedenza.

Quando l’uomo entra in un nuovo ecosistema, inizia a sterminare gli animali dalle dimensioni più grandi, com’è avvenuto in passato. Le creature marine sono state risparmiate finora solo per questioni tecnologiche: fino a qualche decano fa, l’uomo si doveva limitare a cacciare nelle zone costiere, perché non c’erano le tecnologie adatte. I ricercatori sono comunque ottimisti sul modo in cui questi dati possono essere utilizzati: mentre risulta più difficile intervenire su fattori come il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani, lo studio condotto potrebbe essere una base per la costituzione di nuove linee guida per progetti di pesca più sostenibili. Nell’ultimo “Living Blue Planet” il Wwf aveva lanciato un allarme proprio sulla fauna marina, che è drasticamente diminuita negli ultimi 40 anni a causa degli eccessi di pesca e dei cambiamenti climatici. Inoltre non dimentichiamo che ogni anno oltre 8 milioni di tonnellate di plastica inquinano i mari, generando nel tempo microframmenti che vengono poi ingeriti dai pesci, arrivando infine sulle nostre tavole. Scomparendo le barriere coralline e le grandi lumache di mare, riporta Payne come esempio, si sono moltiplicate le stelle marine che mangiano il corallo. La pesca intensiva ha causato anche il rischio di estinzione di tonni e merluzzi, che comporterebbe la scomparsa per l’umanità di una importante fonte di proteine. Ecco perché l’uomo dovrebbe scegliere quali pesci consumare in maniera più oculata, scegliendo quelli locali, della giusta taglia, pescati in modo artigianale e sostenibile. Purtroppo oggi la pesca industriale è dominante, con la conseguenza dello svuotamento dei mari. Una pesca sostenibile sceglie invece di prelevare dal mare solo il pesce che davvero occorre, evitando gli sprechi e utilizzando metodi artigianali, con un basso impatto sull’ambiente e la fauna marina.

SPECIE MARINE IN ESTINZIONE: COLPA DELL'UOMO

L’uomo sarebbe il responsabile di queste estinzioni: “Gli umani entrano in un nuovo ecosistema e gli animali più grandi sono uccisi per primi. Gli ecosistemi marini finora erano stati risparmiati, perché fino a poco tempo fa gli umani non avevano la tecnologia per pescare nel mare profondo su scala industriale”, ha affermato Johnathan Payne, direttore della ricerca”.

“Molte specie di grandi dimensioni giocano un ruolo decisivo negli ecosistemi e la loro estinzione potrebbe portare a ricadute ecologiche che influenzerebbero la struttura e il funzionamento degli ecosistemi stessi in futuro”. Ad esempio nello studio si fa presente la scomparsa delle grandi lumache dalle barriere coralline che così sono diventate preda delle stelle di mare.”

La proliferazione di tali stelle marine che si nutrono del corallo mette a rischio estinzione anche i tonni e merluzzi e quindi poiché l’ecosistema prevede molteplici relazioni a cascate, anche il sostentamento dell’uomo che si nutre di questi pesci.

ESTINZIONE DI MASSA ANIMALI MARINI A CAUSA DELL'UOMO

L'intervento dell'uomo sta portando ad una estinzione senza precedenti di specie animali marine, specialmente quelle di grandi dimensioni, ben maggiore di quelle avvenute milioni di anni fa per cause naturali. La denuncia viene da uno studio di ricercatori dell'università americana di Stanford, pubblicato sulla rivista Science.

Gli studiosi hanno preso in considerazione 2.497 gruppi di vertebrati marini e molluschi negli ultimi 500 anni, e hanno comparato il numero e la qualità delle specie estinte in questo periodo con quelle sparite nelle cinque grandi estinzioni di massa che hanno contraddistinto la storia della Terra.

La ricerca non ha trovato nei fossili un precedente alla tendenza attuale alla sparizione di specie di grandi dimensioni.

Le precedenti estinzioni di massa avevano riguardato tutti gli animali marini, oppure si erano limitate a quelli di dimensioni più piccole.

"L'abbiamo visto un sacco di volte - ha commentato uno degli autori, Noel Heim, con il quotidiano britannico Guardian -. Gli umani entrano in un nuovo ecosistema e gli animali più grandi sono uccisi per primi. Gli ecosistemi marini finora erano stati risparmiati, perché fino a poco tempo fa gli umani non avevano la tecnologia per pescare nel mare profondo su scala industriale".

Per il direttore della ricerca, Johnathan Payne, "molte specie di grandi dimensioni giocano un ruolo decisivo negli ecosistemi e la loro estinzione potrebbe portare a ricadute ecologiche che influenzerebbero la struttura e il funzionamento degli ecosistemi stessi in futuro".
Payne cita la scomparsa dalle barriere coralline delle grandi lumache di mare, senza le quali si sono moltiplicate le stelle marine che mangiano il corallo. Lo studioso cita anche il rischio di estinzione di tonni e merluzzi, a causa della pesca intensiva, che priverebbe l'umanità di una importante fonte di proteine.

ANIMALI IN VIA DI ESTINZIONE: SPECIE MARINE A RISCHIO

Il 71 per cento del pianeta è formato dagli oceani e dai mari, pertanto, esiste una grandissima quantità di animali marini, così vasta che molte specie non sono ancora state scoperte e catalogate. L'aumento della temperatura dell'acqua, l'inquinamento dei mari e la pesca incessante stanno minacciando la vita marina e alcune creature si trovano in pericolo di estinzione.

L'egoismo e il consumismo umano sta facendo sì che la popolazione acquatica venga sempre più colpita e, di conseguenza, diminuisca.

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